
Una giovane donna muore in un ricovero parrocchiale dopo aver dato alla luce un bambino. Il neonato viene chiamato Oliver Twist e, non avendo alcun parente, viene cresciuto in un orfanotrofio. Ma l’istituto, finanziato dalla chiesa, è gestito da persone avide e prive di buoni sentimenti. Oliver vive un’infanzia di sofferenze, subisce maltrattamenti, patisce fame ed umiliazioni. Nessuno lo può aiutare; ogni bambino dell’ospizio è nella sua stessa situazione ed ha il solo scopo di sopravvivere a quella miserevole e disumana esistenza.
“Ai ragazzi il pasto veniva somministrato in un enorme camerone in pietra, a una estremità del quale stava un grande calderone di rame. Da questo il superiore, all’ora del pasto, indossato all’uopo un grembiule e assistito da una o due donne, dispensava mestoli di farinata. Di tale squisita miscela spettava la misura di un mestolo ciascuno, e non di più – tranne che in occasioni di pubblici festeggiamenti, quando in più veniva elargito un’oncia e un quarto di pane. Non c’era bisogno di lavare le scodelle. Ci pensavano i ragazzi armati di cucchiai a pulirle fino a che non tornavano a splendere, e conclusa quell’operazione, restavano seduti a guardare il calderone con occhi così famelici che avrebbero divorato la stufa di mattoni sulla quale era collocato, presi, nel mentre, a succhiarsi accanitamente le dita allo scopo di asportarne ogni più piccolo residuo di farinata che vi fosse rimasto appiccicato.”
All’età di nove anni viene mandato a servire presso un fabbricante di bare, ma anche qui non trova affetto e accoglienza, solo percosse e privazioni. Decide così di fuggire e di raggiungere a piedi Londra. Ma Oliver dovrà lottare a lungo prima di cominciare a vivere un’esistenza felice. Nei sobborghi della città, stanco e affamato, Oliver si imbatte in un suo coetaneo che lo aiuta e lo introduce in una banda di ladruncoli di strada, capeggiati dal vecchio ebreo Fagin. All’inizio non è consapevole della disonestà e cattiveria delle persone che lo stanno accogliendo, ma pian piano ne prenderà coscienza. Oliver è un bimbo buono, ingenuo, incapace, nonostante tutte le sofferenze, di provare risentimento o odio. Rappresenta la lotta dell’Innocenza contro il Male. Nella sua ottica di fanciullo il mondo degli adulti è incomprensibile.
Non è una lettura semplice. Il racconto è privo di fluidità e scorrevolezza. Nessun romanticismo, nessuna poesia che accompagni le tristi vicende. Viene delineato l’animo umano in tutta la sua bruttezza e crudeltà, viene rappresentato un pezzo di società in tutta la sua brutalità e cattiveria. Ed è proprio per questo che è così efficace. È un libro che, almeno una volta nella vita e non solo da adolescenti, va cercato e scoperto. Nella mia libreria non può certo mancare.
Sono nata nel profondo Sud e vissuta a lungo in una laboriosa città del Nord Est.
Mi caratterizza la passione per i libri, per la cultura e per il mondo dell’editoria.
My library nasce dal desiderio di condivisione e di confronto, scaturisce dall’esigenza di scrivere di libri, sorge dall’idea che leggere e incoraggiare la lettura sia non soltanto un modo per migliorare, ma soprattutto gioia e divertimento.
Leggete con me.
Antonella Giustizieri


