La Mennulara è il libro grazie al quale ho conosciuto la straordinaria Simonetta Agnello Hornby.
Ci troviamo a Roccacolomba nel settembre del 1963, dove Maria Rosalia Inzerillo, detta la “Mennulara” per la sua abilità nel raccogliere le mandorle da bambina, è appena morta. Nel paese dell’entroterra siciliano che si suppone non lontano da Catania, sono i concittadini della protagonista a comporre, come tessere necessarie di un mosaico, la vita di Mennù. E lo fanno attraverso quella sottile forma di espressione che tanto contraddistingue il piccolo paese del Sud: il pettegolezzo. Quel chiacchiericcio di cameriere, di ricamatrici, di portinai, di uomini al circolo. Quel parlottio all’interno di famiglie aristocratiche, dentro antichi palazzi, tra nobili e notabili. Chi è la Mennulara? Una vera arpia o una collaboratrice devota, un’avida amministratrice di beni, appoggiata dalla mafia locale, o un’instancabile e semplice donna di servizio? Lo si scopre attraverso il racconto di chi l’ha conosciuta bene o di chi ne ha solo sentito parlare. Questo scritto, per certi versi, evoca La lupa del Verga e per altri mi riporta alla struttura di Foto di gruppo con signora di Boll. Un romanzo corale dunque, in cui la storia della Mennulara viene progressivamente alla luce per bocca degli abitanti di Roccacolomba. Ed è incredibile come il cambiamento del punto di vista renda inafferrabile la sua figura. Una protagonista che domina la scena da morta, che rende il meccanismo di devoluzione di un’eredità, un capolavoro. La donna senza la cui presenza quarantennale, l’avvocato Orazio avrebbe dissipato l’intero suo patrimonio; senza la quale la signora Adriana Alfallipe sarebbe vissuta da sola nel suo immenso e triste palazzo; senza il cui contributo i giovani Lilla, Carmela e Gianni, avrebbero gettato alle ortiche il loro futuro. Eppure, alla morte della Mennulara, proprio questi ultimi si sentono ingannati e derubati della loro legittima eredità. Un originale affresco di Sicilia in cui il pittore, anzi la pittrice in questo caso, ha saputo utilizzare con abilità, forti colori e sfumature; un meraviglioso ritratto di donna le cui umilissime origini, non hanno impedito l’acquisto di potere economico e non solo; un teatro d’avanguardia che, anche se il contesto storico e sociale è quello della seconda metà del secolo scorso, ha portato in scena uno spettacolo intriso di passione e sensualità, di delirio e scandalo. Al prezzo di enormi sacrifici accompagnati da una lucida intelligenza e arguzia, la Mennulara si riscatta, si eleva dal suo status sociale a dispetto delle voci che la vogliono o una subdola donna di malaffare o una serva ignorante e rozza. Ma c’è un altro aspetto di questo romanzo che me lo fa apprezzare: il linguaggio. Simonetta Agnello Hornby ha avuto la non comune capacità di innestare il siciliano sulla lingua italiana in maniera del tutto naturale, senza sforzo alcuno. È la narrazione di una Sicilia che sta mutando, con i suoi tempi e le sue paure, con i suoi pregi e le sue lacune, con la sua mentalità retrograda e l’avanzare del nuovo verso cui c’è sempre disagio. Uno stile non sempre semplice, ma efficace alla narrazione. Una lettura ammaliante e coinvolgente.
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Sono nata nel profondo Sud e vissuta a lungo in una laboriosa città del Nord Est.
Mi caratterizza la passione per i libri, per la cultura e per il mondo dell’editoria.
My library nasce dal desiderio di condivisione e di confronto, scaturisce dall’esigenza di scrivere di libri, sorge dall’idea che leggere e incoraggiare la lettura sia non soltanto un modo per migliorare, ma soprattutto gioia e divertimento.
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Antonella Giustizieri