Gli aforismi di Lord Wotton, personaggio di Il ritratto di Dorian Gray
Come tutte le opere di Wilde, anche Il ritratto di Dorian Gray è ricco di sentenze, collocate dai critici nella categoria di aforismi; questo particolare tipo d’espressione, artificiosamente spontanea se vogliamo, conferisce allo stile di Wilde un modo tagliente di affrontare le verità della vita, aderendo perfettamente al carattere, quasi armonizzato ai suoi stessi pensieri, di quello che probabilmente è il “crypto-personaggio principale” dell’opera, Lord Henry Wotton. La maggior parte degli aforismi, infatti, prende vita attraverso la straordinaria eloquenza di Henry, o comunque viene quasi sempre ricondotta alle sue oscure teorie sulla vita e sull’arte. Lord Wotton, per usare le parole con cui lo stesso autore lo descrive all’interno del romanzo, “sembra aver riassunto il mondo in una frase”.
Non c’è affatto da stupirsi, quindi, se leggendo il romanzo ci sembra improvvisamente di avvertire un rovesciamento radicale dei ruoli conferiti ai personaggi della storia. Lord Henry molto spesso ne sembra l’indiscusso protagonista, quasi parlasse per bocca dello stesso autore. Wilde stesso parlò di questo punto in più occasioni, notando quasi con rammarico che tutti pensassero al romanzo come a un’opera autobiografica in cui, attraverso i vari personaggi, lo stesso autore non faceva altro che rappresentare le varie inclinazioni del suo stesso carattere. Non è da dimenticare che questa fu una parte decisiva rispetto alla sua successiva incarcerazione; i capi d’accusa contro di lui si rifacevano in buona parte a innumerevoli passi di questo romanzo. Le colpe di Dorian Gray e gli affilati aforismi di Lord Henry diventarono i delitti dell’autore stesso. L’impatto di Wilde sulla Londra vittoriana fu di immenso potere culturale, quasi d’avanguardia. Tutto quello che egli diceva, come si comportava, veniva preso come una rivolta contro le regole che facevano da pilastri a quel mondo così austero. I suoi aforismi lo condannarono così come lo portarono ad avere un posto nella storia immortale della letteratura.
Come molti critici si divertono molto spesso a sottolineare – non ci si stupisce poi che lo stesso autore detestasse questa particolare categoria -, quelli di Wilde non sono veri e propri aforismi, ovvero generalmente non sono autonomi, o slegati dal contesto; molti faticano a vedere le verità che si nascondono dietro il loro paradosso artistico. Ma la loro forma non è che il pretesto. Nonostante ciò, infatti, essi riescono forse con maggior precisione a far notare, o forse provare, al lettore tutto ciò che lo stesso scrittore precisamente voleva che arrivasse all’io segreto di chi legge.
Molte sentenze di Lord Wotton, pur parendo solo frasi a effetto o teorie che condensano luoghi comuni per poi rovesciarli, rispecchiano un profondo e arguto interesse filosofico nei confronti non solo della natura umana, ma anche verso ogni sua sfumatura, tanto da riuscire a giungere nei più nascosti e inconfessabili meandri dell’animo umano.
Vero è che molti aforismi del romanzo possono essere facilmente rovesciati, anche perché molti derivano dallo stesso rovesciamento di luoghi comuni; però esprimono ugualmente argute riflessioni, alle volte difficili da accettare per noi tutti; essi sottolineano l’enorme genialità di Wilde e la sua profonda conoscenza della vita e dell’Arte. È vero che Lord Wotton non sembra nutrire alcun riguardo verso la morale, ma questo solo poiché nella mente di Wilde, una mente dominata dall’Art for Art’s sake (Arte per amore dell’Arte), – cioè devota al movimento culturale secondo il quale la bellezza giustificava i mezzi attraverso cui essa poteva essere raggiunta -, non esisteva affatto moralità o immoralità nel pensiero, così come nell’espressione, anzi, era solito dire che “in letteratura non esistono libri morali o immorali, un libro è ben scritto o mal scritto, tutto qui”.
Lord Henry pronuncia anche molti paradossi autentici, questo a detta di molti, ma in qualche strano modo la cosa non fa che renderli più veri. Quasi incontestabili.
Non si percepisce nel libro un’esplicita condanna morale da parte di Wilde verso Dorian, anche se, ovviamente, dobbiamo assolutamente ricordare cosa pensasse l’autore riguardo l’influenza in generale, definendola il morbo supremo che deturpa il genere umano. È anche vero, però, che il pensiero di Wilde riguardo al suo rapporto col protagonista del suo romanzo e, forse, con sé stesso, era particolarmente controverso. In una delle sue ultime lettere infatti, egli scrive che non si capacitava di come tutti avessero frainteso il suo stesso libro: “Lord Henry,” diceva “è come tutti pensano che io sia. Dorian è come vorrei essere. Basil, quello che in realtà sono.”
Inoltre, il rapporto che hanno Dorian Gray e Lord Henry è il corrispettivo del reale rapporto che correva tra Walter Pater e Oscar Wilde: l’uno insegna all’altro l’arte di vivere secondo i principi dell’Estetismo, ma mentre il maestro conduce una vita tuttavia tranquilla (infatti Pater spese tutta la sua vita sui libri), spetta all’allievo mettere in pratica le regole del vivere.
Ecco uno degli aforismi di Lord Henry:
«La vita imita l’arte molto più di quanto l’arte non imiti la vita.»
fonte: it.wikipedia.com
Sono nata nel profondo Sud e vissuta a lungo in una laboriosa città del Nord Est.
Mi caratterizza la passione per i libri, per la cultura e per il mondo dell’editoria.
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Antonella Giustizieri


